Jane Eyre è un capolavoro assoluto. È anche uno dei primi classici al quale mi sono avvicinata, ormai molti anni fa. Da allora rimane un “comfort book” al quale mi rivolgo quando ho bisogno di una lettura di qualità.
Jane Eyre è il secondo romanzo di Charlotte Brontë ma il primo a essere stato pubblicato. Il primo, “The professor”, era stato respinto molte volte mentre Jane Eyre viene pubblicato immediatamente e riconosciuto come qualcosa di nuovo nella letteratura inglese. La Brontë invia il manoscritto all’editore londinese Smith, Elder & Co.. La nota di accompagnamento mostra la sua volontà di mantenere lo pseudonimo maschile di Currer Bell:
“Ti mando via ferrovia un manoscritto intitolato Jane Eyre, un romanzo in tre volumi […]. Sarà meglio in futuro usare l’indirizzo Sig. Currer Bell con il quale celo Miss Brontë, dal momento che c’è il rischio che alcune lettere non mi vengano recapitate.”
Molti scrittori famosi, tra cui Wordsworth, le consigliano di desistere ritenendo la scrittura di un romanzo un passatempo non adatto a una donna. Ma la Brontë non è disposta a rinunciare. E quando il manoscritto viene pubblicato scatena immediatamente una polemica che riguarda principalmente se l’autore, Currer Bell, sia un uomo o una donna.
Nella prefazione alla seconda edizione, Bell ritiene doverosa qualche parola di ringraziamento:
“I miei ringraziamenti devono svolgersi in tre direzioni.
Al Pubblico, per l’indulgente orecchio che ha prestato a una storia semplice e di poche pretese.
Alla Stampa, per il vasto campo aperto, dal suo schietto suffragio, a un oscuro aspirante.
Ai miei Editori, per l’aiuto portato dalla loro sensibilità, dalla loro decisione, dal loro senso pratico e dalla loro franca liberalità a un autore sconosciuto e non raccomandato.
La Stampa e il Pubblico sono per me solo personalità generiche, ed io devo ringraziarli in termini generici; ma i miei Editori sono ben definiti, e così pure alcuni critici generosi che mi hanno incoraggiato come solo uomini di gran cuore e di alta mente sanno incoraggiare uno sconosciuto che lotta con tutte le sue forze; a loro, e cioè ai miei Editori e a questi recensori particolari, io dico sinceramente: Signori, vi ringrazio dal
profondo del cuore.”
E poi si rivolge ad un’altra categoria di persone: coloro che hanno messo in dubbio la validità del suo romanzo.
“Conventionality is not morality. Self-righteousness is not religion. To attack the first is not to assail the last. To pluck the mask from the face of the Pharisee, is not to lift an impious hand to the Crown of Thorns….”
“Il convenzionale non è il morale. L’ipocrisia non è religione. Combattere i primi non significa aggredire i secondi. Strappar la maschera dal volto del fariseo, non è alzare un’empia mano verso la Corona di spine.”
Le reazioni al romanzo vanno essenzialmente in due direzioni. Da una parte ottiene un successo istantaneo: molte sono le lodi da parte di critici e scrittori come W.M. Thackeray. D’altra parte riceve anche critiche durissime perché mette in discussione la maggior parte delle istituzioni vittoriane (educazione, famiglia, ceto e religione).
Elizabeth Rigby nel 1848 scrive sul “The Quarterly Review” che Jane è la “personificazione di uno spirito degenerato e indisciplinato”. Il romanzo viene considerato anti-cristiano. La Rigby inoltre sostiene che “nessuna donna reale avrebbe potuto dare vita a un personaggio così inverosimile e poco femminile. In caso contrario, si sarebbe trattato di una donna che aveva da tempo rinunciato alla compagnia del suo stesso sesso”.
Poi la vera identità di Currer Bell viene svelata al mondo: Bell non è un uomo ma una donna. Matthew Arnold, poeta e critico letterale britannico, scrive che “la signorina Brontë ha scritto un romanzo odioso, spiacevole, convulso, limitato. Uno dei libri più sgradevoli che abbia mai letto. La mente della scrittrice non contiene altro che rabbia e furia”.
D’altra parte, nel XIX sec. le donne scrittrici erano considerate pazze nonostante il loro numero fosse in aumento. Questo per diversi motivi: una sostanziale crescita della classe media, una dicotomia tra mondo industriale e mondo pre-industriale patriarcale, aumento del divario tra vita privata e pubblica.
I romanzi domestici ci rimando l’immagine di un mondo sociale fratturato e in rapido mutamento, un mondo domestico specchio di un nuovo ordine sociale. Per la prima volta si parla dei conflitti e delle contraddizioni nella società socio-economica. E si arriva alla conclusione che ognuno può avere la propria gratificazione emotiva nella sfera privata nonostante le disuguaglianze in quella pubblica.
LA TRAMA
Ma torniamo a Jane Eyre. Il romanzo narra la storia di una bambina orfana che cresce con alcuni zii e cugini che però la deridono e maltrattano. Viene quindi mandata in un orfanotrofio. Le condizioni qui sono dure, soprattutto in seguito alla morte della sua migliore amica dovuta alle pessime condizioni igieniche del luogo. Nonostante tutto, Jane prosegue gli studi e diventa un’insegnante. Dopo un breve periodo di insegnamento nell’orfanotrofio, trova impiego presso Thornfield Hall come istitutrice di Adele, figlia adottiva del proprietario Mr. Rochester. L’incontro con l’uomo la destabilizza, ne è attratta nonostante lui mostri un carattere burbero e taciturno. Egli la chiede in sposa ma devono fare i conti un segreto che si cela in quella dimora: l’uomo si scopre essere già sposato con Bertha Mason, una donna diventata ormai pazza e tenuta segregata nella casa. Jane scappa e trova rifugio presso un reverendo, St John, e le sue sorelle. Anche lui la chiede in moglie ma Jane rifiuta perché nutre ancora dei sentimenti per Mr. Rochester. La giovane decide quindi di tornare a Thornfield Hall e qui trova tutto devastato: il castello è bruciato, Bertha è morta e Mr Rochester ha perso la vista. Il lieto fine arriva quando Jane e il padrone di casa finalmente si sposano e l’uomo riesce e recuperare, anche se solo parzialmente, la vista.
IL GENERE
Non è facile associare Jane Eyre a un genere solo. È un:
- romanzo autobiografico: mescola fatti veri della vita e della personalità di Charlotte Brontë con fatti inventati. Questa è una convenzione tipica dei romanzi realistici: fatti veri e un narratore autorevole.
Come Jane, anche Charlotte è orfana ed è costretta a vivere con il padre a una zia. Anche l’autrice frequenta la Clergy Daughter’s School che può essere paragonato all’istituto di Lowood del romanzo. La morte di Helen Burns, migliore amica di Jane, ci ricorda che anche la Brontë ha subito la perdita delle sorelle a Cowan Bridge. Entrambe hanno lavorato come governante. Anche Jane ha un trasporto per un uomo maturo e dal carattere difficile, il docente Heger.
- romanzo di formazione: troviamo crescita, educazione e maturazione della giovane. Ci ricorda il Bildungroman tedesco. Spesso in questo tipo di romanzo c’è un orfano che deve affrontare grandi sfide o un protagonista maschile che cerca di realizzarsi. Jane Eyre è il primo romanzo di formazione al femminile nella storia della letteratura inglese. Jane cerca amore, giustizia, felicità e libertà.
- romanzo gotico: vi ritroviamo gli elementi oscuri del Romanticismo come le rovine, l’alienazione e la follia. Ci sono mistero e soprannaturale, castelli o case con fantasmi, sogni e incubi, un alter ego, imprigionamento fisico, psicologia del terrore e dell’orrore.
Possiamo riscontrare una vera architettura gotica della mente: i terrori dell’infanzia sono gli spettri nella stanza rossa e poi a Lowood. L’ambientazione di Thornfield è misteriosa: in casa si sentono rumori e suoni come la risate.
La Brontë è stata capace di mescolare elementi fantastici a una struttura narrativa realistica. Le favole, i sogni profetici e l’immaginazione sono usati per rendere partecipe il lettore di emozioni e stati d’animo.
romance: una ragazza buona ma sfortunata e oppressa dalla famiglia trova il principe azzurro e la felicità, dopo aver superato molte prove. Jane però non vuole una resa totale: vuole sposarsi ma alle sue condizioni. Non vuole dipendere da un uomo.
I PERSONAGGI
- Jane Eyre: è seria, discreta, dedita allo studio e poi al lavoro. Non è particolarmente bella ma è buona e gentile. Ha perseveranza e determinazione. È una sorta di female gothic: eroina afflitta da una figura patriarcale malvagia e da una famiglia tremenda. Affronta il pericolo e si salva grazie ad elementi soprannaturali nei momenti cruciali. Lo stesso Rochester la vede come un essere soprannaturale: ninfa, elfo, strega, fata o silfide.
- Rochester: gentiluomo ricco, è forte, severo ma colto. Possiamo paragonarlo a un Byronic Hero: aristocratico, affascinante, lunatico, solitario, misterioso, intelligente e irresistibile per le donne.
- Bertha Mason Rochester: crea suspence e terrore. È folle e “mostruosa”, vaga per casa come uno spettro e una vampira.
I TEMI
Il romanzo tratta soprattutto le disuguaglianze sociali, cosa mai accaduta prima nella società vittoriana.
Condanna la superficialità della upper class: Blanche Ingram è altera, John Reed è cattivo e deviato, Eliza Reed è fredda e quasi disumana, lo stesso Rochester è immorale e lussurioso.
C’è un elogio dei nuovi valori della middle class: moralità, etica e lavoro
No ai pregiudizi sociali: l’uguaglianza deve basarsi sulla moralità e sulla spiritualità.
Un altro tema che sta a cuore alla Brontë è la condizione delle donne. Prima le donne vengono descritte come schiave imprigionate, legate ai lavori di casa (donna=angelo del focolare), hanno poche possibilità di lavoro (istitutrice o insegnante). Ma con il mutare della società, cambia anche l’idea della donna: ricevono un’educazione che diventa un vero status symbol, imparano a gestire una casa, acquisiscono nuove competenza come sapere il francese, il latino, il ricamo, la musica e la pittura.
IN CONCLUSIONE
Jane Eyre non è un vecchio libro che si studia a scuola. È uno di quei romanzi che tutti dovrebbe leggere perché ha segnato una svolta nella letteratura inglese e non solo. È un romanzo complesso ma così semplice da amare. Leggerlo è come avere la Brontë seduta al nostro fianco che ci legge una storia davanti al camino. È un’esperienza.
Virginia Woolf ha scritto: “la scrittrice ci tiene per mano ben stretti, ci fa vedere quello che lei vede, non ci lascia neppure un istante. Alla fine, siamo pieni del genio, della veemenza, dell’indignazione di Charlotte Brontë”.